Autore: Belegni Massimo
Fotocamera: Sony A200 Lente: Sigma 400mm f 5.6 APO Esposizione f/6.3 1/640 sec Programma: Priorità diaframma Iso Speed 400 Specie: Luì piccolo (Phylloscopus collybita) Luogo: Fiume Esino – Marche Stagione: fine dell’inverno Rara giornata di sole in questi pessimi fine settimana invernali. Zaino fotografico in spalla, binocolo su una mano e cavalletto sull'altra vagavo senza una meta precisa verso il fiume Esino. Dopo la tanta acqua delle settimane e addirittura dei mesi passati, da qualche giorno il fiume si ra ritirato nel suo più consueto alveo. Aveva lasciato tutt'intorno, nell'ampliato letto della piena, montagne di detriti, buche scavate intorno agli alberi più robusti che avevano caparbiamente resistito alla furia della corrente, ai bordi lingue isolate di acqua popolate da una leggerissima corrente che comunque ne evitava la stagnazione e soprattutto tantissimo fango, quasi a sembrare in taluni casi sabbie mobili. Attento a non sprofondare in esso avevo raggiunto il letto lasciato allo scoperto dopo la piena, passeggiavo gustando il tepore del primo sole che presagiva all'arrivo della imminente primavera. In lontananza sentii risuonare i versi di un'airone e poco dopo ne vidi due che, quasi appaiati, alti nel celo, provenivano da mare e si dirigevano verso l'interno risalendo il corso del fiume. Volevo fare un giro per vedere di raggiungere zone che non avevo ancora esplorato. In questo peregrinare superai un dosso e al di là vidi una pozza di acqua quasi stagnate, abbastanza grande, fitta di alberi e di arbusti e costeggiata da due canneti, uno da un lato e uno dall'altro. Scorsi piccoli movimenti che mi incuriosirono e così scesi il bordo del terreno appena salito e facendomi strada tra arbusti e rovi e discendendo ancora un poco verso l'acqua mi trovai un posticino in riva alla pozza dove mi sembrava comoda la seduta. Era parecchio che camminavo e un pò di riposo non guastava. Il silenzio era rotto solo dal rumore abbastanza lontano dell'acqua del fiume e da una sinfonia di cinguettii. Stando lì fermo, quasi immobile, comincio a notare piccoli svolazzi. Brevi. Veloci. Da un ramo ad un altro. Da un albero ad un altro. Da un ramo ad uno stelo che spuntava dall'acqua. Erano piccoli uccellini, una dozzina ad occhio, che saltavano di quà e di là senza sosta, dandosi il cambio tra una posizione e l'altra come in una danza veloce e moderna dalla coreografia a me sconosciuta. Restai così per parecchio, ad occhio un'oretta, sereno, assorto. Era piacevole osservarli, ma pensavo difficile se non impossibile fotografarli. La luce che filtrava era poca e non stavano mai fermi più di qualche secondo sul posto dove si posavano. Pensavo al mio autofocus, lento, rumoroso, al suo avanti e indietro a cercare di agganciare qualcosa senza esito. Alla fine però decisi di estrarre l'armamentario posizionando bene il tutto sul cavalletto e di provare comunque fissando con l'obiettivo uno dei pochi steli che emergevano dall'acqua e che erano disponibili sulla traiettoria dell'obiettivo senza nulla in mezzo che impedisse l'inquadratura e che avevo visto essere usato a volte come posatoio. Attesa. Pazienza. Pochi scatti. Qualcuno da buttare. Un paio decenti. Era ora di andare a casa per pranzo. Il tempo era volato e con lui anche lo stress della settimana. Tutto grazie ad uno spettacolo gratuito di danza di una compagnia sconosciuta formata da una dozzina di esemplari di Luì piccolo. |
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Dicembre 2024
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